Archivio degli autori Fabrizio Fiorelli

17 Luglio 2024

Studio: andare a lavoro in bici o a piedi riduce il rischio di morte

I pendolari che vanno al lavoro in bicicletta o a piedi hanno un rischio inferiore sia di malattie mentali sia fisiche. Lo rivela uno studio a lungo termine pubblicato nella rivista Bmj Public Health e condotto da Bruce Whyte, del Glasgow Centre for Population Health. I benefici più evidenti si sono riscontrati tra i ciclisti, per i quali il rischio di morte per qualsiasi causa era inferiore del 47%, quindi quasi dimezzato. I ricercatori hanno utilizzato dati rappresentativi a livello nazionale provenienti dallo Scottish Longitudinal Study (Sls), concentrandosi su persone di 16-74 anni.

L’analisi finale si è basata su 82.297 persone, cui è stato chiesto il mezzo di trasporto utilizzato. Il viaggio attivo è stato definito come camminare o andare in bicicletta. Tutti gli altri metodi di pendolarismo sono stati definiti come ‘inattivi’. Le risposte sono state collegate a ricoveri ospedalieri nazionali per tutte le cause, malattie cardiovascolari, cancro e incidenti stradali; decessi per tutte queste cause; e prescrizioni per problemi di salute mentale (sedativi, farmaci per l’ansia e antidepressivi) dal 2001 al 2018 inclusi. Rispetto ai pendolari inattivi, coloro che camminavano per andare al lavoro o presso luoghi di studio avevano rischi più bassi di morte e malattie mentali e fisiche. In particolare, andare in bicicletta per il tragitto casa-lavoro o studio porta a un rischio inferiore del 47% di morte, a un rischio inferiore del 10% di ricovero ospedaliero per qualsiasi causa e a un rischio inferiore del 24% di ricovero ospedaliero per malattie cardiovascolari. Anche il rischio di ricevere una prescrizione di farmaci per malattie cardiovascolari si riduce del 30%, e del 51% il rischio di morire di cancro, del 24% il rischio di ricovero per il cancro, del 20% il rischio di ricevere farmaci per problemi di salute mentale. Tuttavia, i pendolari ciclisti avevano il doppio delle probabilità rispetto ai pendolari inattivi di essere ricoverati in ospedale a seguito di un incidente stradale. Il pendolarismo a piedi si associa ad un rischio inferiore dell’11% di ricovero ospedaliero per qualsiasi causa e a un rischio inferiore del 10% di ricovero ospedaliero per malattie cardiovascolari. È stato anche associato, rispettivamente, a rischi inferiori del 10% e del 7% di ricevere prescrizioni di farmaci per malattie cardiovascolari e problemi di salute mentale.

15 Luglio 2024

Farmaci: come conservarli in estate … arriva il vademecum dell’AIFA

Il grande caldo è arrivato e, secondo le previsioni, si protrarrà per le prossime due settimane. “Anche i farmaci temono il caldo e per questo, in estate, è necessario qualche accorgimento in più per conservarli correttamente”, avverte l’Agenzia Italiana del Farmaco, che ha pubblicato un vademecum sull’argomento. Se il foglietto illustrativo è il punto di riferimento per ogni farmaco e indica le esatte modalità e temperature di conservazione, esistono però dei principi generali che è bene tenere a mente, ricorda l’agenzia. In generale, i farmaci vanno conservati in ambienti freschi e asciutti a una temperatura inferiore a 25°C. Per questo, quando si viaggia è buona norma dotarsi di borse refrigerate. Se li si tiene in macchina, è bene ricordarsi che l’abitacolo è più fresco del portabagagli. In aereo, invece, è meglio portare i farmaci salvavita nel bagaglio a mano insieme alle prescrizioni, aggiunge l’Aifa. Occorre però tenere conto delle regole relative al trasporto di liquidi nel bagaglio a mano.

Per alcuni farmaci, invece, sono necessarie particolari condizioni di conservazione. L’insulina, ad esempio, deve essere conservata in frigo a una temperatura compresa tra 2 e 8 °C. Altri farmaci particolarmente sensibili alle variazioni termiche sono quelli per la tiroide, i contraccettivi e altri medicinali a base ormonale. In ogni caso è bene evitare di esporre i medicinali a fonti di calore e a irradiazione solare diretta.

Un aspetto da tenere a mente è sempre l’aspetto: se sembra diverso dal solito è bene consultare il medico o il farmacista prima di assumerlo. Importante anche verificare se i farmaci che si stanno prendendo sono compatibili con l’esposizione al sole. Alcuni – specie creme cortisoniche, gel, soluzioni o spray – possono provocare reazioni di fotosensibilizzazione come dermatiti o eczemi. In questi casi occorre evitare l’esposizione al sole.

Infine, un consiglio per quando si viaggia. Qualunque sia la stagione, è bene trasportare i farmaci nella confezione originale. È utile a proteggerli da luce e umidità e, inoltre, nel caso fosse necessario acquistare il farmaco, la confezione potrà essere d’ausilio a dialogare con medici e farmacisti del luogo, conclude l’Aifa.

10 Luglio 2024

Diabete, ecco chi rischia di sviluppare la malattia

I fattori socio-demografici che aumentano il rischio di sviluppare il diabete “sono l’età avanzata, addirittura di quasi 8 volte tra gli over 74enni (rispetto ai 45-54enni), il sesso maschile, tanto che gli uomini hanno un rischio maggiore delle donne di circa il 40% a parità di età, vivere al Sud, con una probabilità più alta di circa il 50% rispetto a chi vive al Nord e in comuni con più di 2.000 abitanti”. E’ quanto emerge dal rapporto ‘Dati sul diabete in Italia, una fotografia su una pandemia complessa e in continua evoluzione’, presentato in Senato a Roma durante il 17esimo Italian Barometer Diabetes Summit. In Italia “sono circa 3,9 milioni le persone che hanno dichiarato di avere il diabete nel 2022, ovvero il 6,6% della popolazione, e le proiezioni – rimarca il report – indicano che nel 2040 questa percentuale potrebbe arrivare al 10%, se continuasse il trend osservato combinato con il rilevante impatto della dinamica demografica dei prossimi vent’anni”.

“Uniformità su tutto il territorio nazionale del servizio di diabetologia, accesso ai nuovi farmaci e alle nuove tecnologie, rafforzamento della sanità territoriale, rete diabetologica sociosanitaria”: sono questi alcuni dei punti chiave evidenziati dal presidente Fand-Associazione italiana diabetici, Emilio Augusto Benini, intervenuto all’evento realizzato, su iniziativa della senatrice Daniela Sbrollini, in collaborazione con Intergruppo parlamentare obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili, Italian Barometer Diabetes Observatory Foundation (IBdo Foundation), Istat, Università di Roma Tor Vergata – Dipartimento Medicina dei sistemi, Coresearch, Crea Sanità, Bhave.

“L’importanza del report presentato oggi, che, come ogni anno, restituisce lo scenario del diabete nel nostro Paese, è quella di evidenziare i numeri di un’emergenza per identificare gli interventi prioritari – ha spiegato Benini – In primo luogo, come già sottolineato dal Manifesto di Fand ‘Più territorio meno ospedale’, l’importanza di garantire l’uniformità su tutto il territorio nazionale del servizio di diabetologia. Occorrono forti investimenti sulla tecnologia, sul Fascicolo sanitario elettronico, sulla telemedicina e su tutti quegli strumenti utili e necessari a una effettiva integrazione dei sistemi. Un aspetto questo nel quale vorrei sottolineare il ruolo importante che può avere il diabetico guida, progetto che Fand porta avanti da anni con un corso riconosciuto eccellenza a livello internazionale, una figura questa che può rappresentare un valido aiuto nella teleassistenza, come presso i servizi di diabetologia e le case di comunità”.

9 Luglio 2024

Estate, caldo e notti insonni: dalla sonnologa le scelte giuste per tornare a riposare

“D’estate si dorme sempre peggio rispetto all’inverno e il caldo non va d’accordo con il sonno. Mentre il freddo ‘concilia’ il riposo notturno, infatti quando si fa molto tardi ad un certo punto iniziamo a sentire un po’ di freddo e questo è il segnale con cui il corpo ci dice di andare a dormire. Di solito accade alle 5 del mattino, ma lo stesso meccanismo si innesca intorno alle 15, la famosa ‘pennichella’ che vorremmo tanto fare, ma non possiamo. Questi sono i due momenti di maggior sonnolenza. Nel secondo caso si è convinti che la causa sia l’aver mangiato e l’inizio della digestione, ma non è così. Poi c’è anche una igiene del sonno che va rispettata e spesso non lo facciamo, al di là di chi soffre di insonnia”. E’ quanto afferma Loreta Di Michele, pneumologa ed esperta di medicina del sonno dell’Ao San Camillo-Forlanini di Roma.

Come si può ‘aiutare’ a migliorare la qualità del sonno anche in estate? L’aria condizionata può essere una svolta o meglio lasciare le finestre aperte? “La tecnologia ci aiuta, ma dobbiamo usarla in modo intelligente – risponde Di Michele – L’aria condizionata sì, personalmente ritengo sia meglio la deumidificazione, ma attenzione per chi ha un apparato respiratorio labile, gli ex fumatori con enfisema o gli asmatici”.

La climatizzazione “deve essere usata con criterio – raccomanda – perché una camera da letto bollente non va bene, ma lo sbalzo termico tra esterno e interno è peggio: la regola è che si può scendere di 6 punti, ma non si deve andare oltre. Ma spesso si abusa dell’aria condizionata e infatti d’estate come pneumologa vedo molte più tracheobronchiti che l’inverno. Recenti studi – ricorda – hanno evidenziato come il riscaldamento globale danneggi la struttura della mucosa respiratoria, le ciglia vibratili non funzionano più, e infatti l’asma bronchiale prenderà il sopravvento su altre patologie”.

Ci sono alcune abitudini, come dormire con il proprio animale domestico o fare sport in tarda serata, che possono agevolare o danneggiare la dolce ‘discesa’ verso il sonno? “L’uomo è sempre un animale – risponde l’esperta di medicina del sonno – e quindi soggetto a riflessi sempre cadenzati. Quindi il rispetto degli orari, nel prepararsi alla notte, dei rituali insomma. Mettersi il pigiama, lavarsi i denti, ad esempio. Si inizia a percepire che la palpebra sta ‘calando’ e quindi ci si prepara al sonno. E’ chiaro che il cellulare a letto non va bene, come l’esercizio fisico troppo intenso: eviterei di andare in palestra alle 21. Il sonno è deattivazione, l’isolamento da quello che accade intorno, ristabilisce un equilibrio”.

E gli integratori? “La pasticca di melatonina non è un ormone, si può prendere e non fa male”, illustra Di Michele. Il pet sdraiato accanto a noi nel letto “può fare compagnia e dare sicurezza a chi ha deficit affettivi o negli anziani”. Una doccia fredda in una notte afosa può aiutarci a rilassarci e a prendere sonno? “A chi soffre di insonnia non è consigliata – precisa – mentre un tazza di latte che contiene triptofano può farci rilassare”.

“In sintesi, dobbiamo anche ricordarci di assecondare il nostro metabolismo, se siamo ‘allodole’ (mattinieri) o ‘gufi’ (tiratardi). Non dobbiamo perdere la ciclicità, anche se un minimo di spostamento degli orari è tollerato. Magari in vacanza facciamo degli strappi, ma i ritmi biologici vanno rispettati. Capita spesso di curare gli insonni con una chiacchierata e non con i farmaci”, conclude la pneumologa Di Michele.

8 Luglio 2024

Obesità, cambiano i criteri per diagnosi e cura della malattia

Bmi addio, o quasi. Non basterà più l’indice di massa corporea per stabilire se una persona soffre di obesità e per decidere come curarla. La definizione attuale, che considera un paziente ‘obeso’ se ha un Bmi uguale o superiore a 30, “esclude molte persone che potrebbero beneficiare del trattamento”. L’Easo, Associazione europea per lo studio dell’obesità, detta quindi “un nuovo schema per la diagnosi, la stadiazione e la gestione dell’obesità negli adulti”. Pubblicato su ‘Nature Medicine’, permetterà di “modernizzare la diagnosi e il trattamento” della patologia “tenendo conto di tutti gli ultimi sviluppi nel campo, compresa la nuova generazione di farmaci per l’obesità”. Medicinali la cui somministrazione potrà essere valutata anche quando l’indice di massa corporea è inferiore a 30, pari a 25 o maggiore.

“Nonostante l’ampio riconoscimento dell’obesità come una malattia multifattoriale, cronica, recidivante e non trasmissibile, caratterizzata da un accumulo anormale e/o eccessivo di grasso corporeo, la diagnosi di obesità è ancora in molti contesti basata esclusivamente sui valori di soglia del Bmi e non riflette il ruolo della distribuzione e della funzione del tessuto adiposo nella gravità della malattia”, spiega l’Easo in una comunicazione che riporta in calce anche il nome dell’italiano Luca Busetto, professore associato del Dipartimento di Medicina dell’università di Padova, vice-president della società scientifica per la regione Sud. Una delle novità chiave dei criteri redatti dal gruppo di lavoro Easo, composto da esperti fra cui i presidenti presenti e passati dell’associazione, riguarda dunque “la componente antropometrica della diagnosi di obesità”. E mette nero su bianco che “il solo Bmi è insufficiente come criterio diagnostico” e che “la distribuzione del grasso corporeo ha un effetto sostanziale sulla salute”. Nel mirino il girovita: “L’accumulo di grasso addominale è associato a un aumento del rischio di sviluppare complicazioni cardiometaboliche”, ammoniscono gli specialisti, e rappresenta quindi “un determinante più forte dello sviluppo della malattia rispetto all’indice di massa corporea, anche in soggetti con un Bmi inferiore alla soglia standard (30) per la diagnosi di obesità”. Il grasso addominale o viscerale, avverte l’Easo, “è un importante fattore di rischio per il deterioramento della salute anche in persone con Bmi basso e senza manifestazioni cliniche evidenti”. Pertanto le nuove indicazioni europee considerano obesi anche “soggetti con Bmi più basso” di 30, “compreso tra 25 e 30, ma accumulo di grasso addominale aumentato e presenza di eventuali compromissioni mediche, funzionali o psicologiche”. Così “riducendo il rischio di sottotrattamento in questo particolare gruppo di pazienti, rispetto all’attuale definizione di obesità basata sul Bmi”.

5 Luglio 2024

USA: con -30% di consumo di carne processata evitabili 350mila casi di diabete

5 luglio 2024 – Ridurre di circa un terzo il consumo di carne processata come wurstel e salsiccia potrebbe prevenire oltre 350.000 casi di diabete negli Stati Uniti in un decennio, secondo uno studio pubblicato su Lancet Planetary Health. Ridurre l’assunzione di carne lavorata da parte degli adulti statunitensi del 30% — l’equivalente di circa 10 fette di bacon alla settimana —porterebbe anche a decine di migliaia di casi in meno di malattie cardiovascolari e cancro colorettale, spiegano i ricercatori della Global Academy of Agriculture and Food Systems dell’Università di Edimburgo insieme all’Università del North Carolina, Chapel Hill. Gli esperti hanno sviluppato uno strumento di simulazione per stimare gli impatti sulla salute della riduzione del consumo di carne lavorata e carne rossa non lavorata.

I ricercatori hanno utilizzato dati di un sondaggio nazionale sulla salute dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) per creare un campione simulato e rappresentativo della popolazione adulta statunitense. Si tratta della prima simulazione a stimare gli effetti della riduzione del consumo di carne lavorata e carne rossa non lavorata – dal 5 al 100% – su molteplici esiti di salute negli Stati Uniti. Oltre a prevenire più di 350.000 casi di diabete, ridurre l’assunzione di carne lavorata del 30% porterebbe a 92.500 casi in meno di malattie cardiovascolari e 53.300 casi in meno di cancro colorettale in un decennio. I ricercatori hanno anche analizzato gli impatti della riduzione del solo consumo di carne rossa non lavorata e della riduzione del consumo di entrambe le carni, lavorata e non lavorata. Ridurre il consumo di entrambe del 30% ha portato a 1.073.400 casi di diabete in meno, 382.400 casi in meno di malattie cardiovascolari e 84.400 casi in meno di cancro colorettale. Ridurre il solo consumo di carne rossa non lavorata del 30% – il che significherebbe mangiare circa un hamburger di manzo in meno alla settimana – ha portato a oltre 732.000 casi di diabete in meno. Ha anche portato a 291.500 casi in meno di malattie cardiovascolari e 32.200 casi in meno di cancro colorettale.

5 Luglio 2024

Quattro luoghi comuni da sfatare sul consumo di alcol

5 luglio 2024 – E’ vero che gli alcolici possono aiutare in alcune situazioni? Spesso si tratta di bufale senza nessun fondamento ma che sono ancora molto diffuse specie tra i giovani. Scopriamole alcune insieme:

• Favorisce il sonno? NO! Anche una piccola quantità di alcol è sufficiente per influenzare negativamente la dormita. Un drink dopo cena porta spesso a russare e ad altre difficoltà respiratorie.
• È alleato dell’erotismo? FALSO! È invece dimostrato scientificamente che causa impotenza e calo della libido. Per le donne, poi, lo stato di ebbrezza può aumentare il rischio di avere rapporti non protetti.
• Riscalda il corpo?NO! Dà una sensazione di calore, ma è solo temporanea. L’alcol è un vasodilatatore periferico e aumenta la quantità di sangue che circola sotto la pelle. A causa di questo processo il calore interno del corpo viene disperso verso l’esterno. Quando l’effetto viene meno, se si è bevuto molto e se la temperatura è rigida, si avvertono intensi e improvvisi brividi di freddo.
• I suoi effetti sono combattuti dal caffè? FALSO! Il corpo smaltisce l’alcol a piccole fasi, con tempi e modalità non influenzati dalla caffeina. Una tazzina di caffè contribuirà a mantenere una persona alticcia un po’ più sveglia, ma non a smaltire l’alcol in circolo! Nessun accorgimento consente di diminuire realmente la sua concentrazione nel sangue.

La dose di alcol giornaliera che si può assumere non deve superare i 20-40 grammi per gli uomini e i 10-20 grammi per le donne. Attenzione quindi alle “grandi bevute” del weekend, pericolosissime per la salute. Un bicchiere di vino (125 ml), una lattina di birra (330 ml) oppure un bicchierino di superalcolico (40 ml) contengono la stessa quantità di alcol, circa 12 grammi.

4 Luglio 2024

Un pieno di spezie per consumare meno sale

4 luglio 2024 – Gli italiani consumano molto sale: 10 – 15 grammi a testa, circa 2 – 3 volte di più di quanto consigliato. Decisamente troppo. Ecco quindi che arrivano in soccorso della nostra salute le spezie. Sono colorate, profumate e ormai facilmente reperibili anche se di Paesi lontani:

  • peperoncino, molto ricco di capsaicina, riduce la sensazione di dolore e contribuisce a proteggere cuore e prostata. È inoltre un prezioso alleato contro i fastidi dell’ulcera;
  • cannella, si può utilizzare anche per preparare alimenti non dolci, aiuta a mantenere le arterie sane e glicemia e colesterolo sotto controllo;
  • curcuma (o turmerico), ha dimostrato effetti benefici nella riduzione delle infiammazioni (es. artrite reumatoide) e, a quanto pare, anche nella protezione da alcune forme tumorali;
  • timo, si può utilizzare sia fresco che essiccato, con un notevole effetto antibatterico;
  • origano, ricchissimo di timolo e carvacolo, che hanno dimostrato un notevole effetto antiossidante e antibatterico;
  • aglio, malgrado il suo innegabile cattivo odore, questa pianta è in grado di sviluppare una potente azione antimicrobica e antifungina, riducendo anche il rischio di trombosi.
4 Luglio 2024

Farmaci: ecco le principali domande e risposte

4, luglio 2024 – Nel 2022 più di 6 cittadini su 10 hanno ricevuto almeno una prescrizione di farmaci, con una crescita della spesa pro capite e dei consumi con l’aumentare dell’età. E’ quanto si legge nell’ultimo rapporto redatto dall’Agenzia Italiana del Farmaco.

Più in generale tutti almeno una volta nella vita devono infatti, per vari motivi, assumere un farmaco. Sono risorse preziose, da utilizzare con la testa. Ma cosa è utile sapere prima di prendere una pillola o un cucchiaio di sciroppo?

Memorizzate per bene le seguenti informazioni, che il vostro medico o farmacista vi diranno:
• a cosa serve il farmaco che è stato prescritto
• quante dosi assumere, quando e per quanto tempo
Inoltre, chiedete sempre:
• se il medicinale presenta interazioni con altri prodotti o alimenti
• cosa si deve fare quando ci si dimentica di prenderlo
• quali effetti indesiderati può scatenare
• dove e come va conservato
Infine, comunicate al medico o al farmacista se:
• state già prendendo altri farmaci
• siete allergici ad alcune sostanze
• state programmando una gravidanza
• siete in stato di gravidanza o allattamento
• compaiono nuovi disturbi durante la terapia

2 Luglio 2024

Studio: il Covid-19 ha colpito anche cuore e reni

Le morti nella pandemia da Covid-19 non sono solo state causate dall’insufficienza respiratoria acuta, ma sono state riscontrate anche microtrombosi dei piccoli vasi, associate a una grave compromissione di altri organi oltre al polmone, come il cuore e i reni. E’ la conclusione a cui giunge uno studio, coordinato dall’Università di Padova e condotto da un team di ricercatori delle Università di Yale (Usa) e Birmingham (GB), e le Aziende Ospedaliero-Universitarie di Padova, Papa Giovanni XXIII (Bergamo), Asst Bergamo Est Seriate, e Fatebenefratelli Sacco (Milano), pubblicato nel Journal of Hepatology.

Sebbene la causa principale della mortalità da Covid-19 fosse stata attribuita all’insufficienza respiratoria ipossica da sindrome da distress respiratorio acuto (Ards), sono state segnalate trombosi dei piccoli vasi (microtrombosi) associate a grave compromissione funzionale in più organi oltre al polmone, come cuore e rene. La microtrombosi è stata osservata anche nel fegato, e seppur il coinvolgimento epatico fosse spesso presente nei pazienti affetti da Covid-19, il significato di queste alterazioni rimaneva incerto.Coautore dello studio è Paolo Simioni, direttore del dipartimento di Medicina a Padova e della Clinica Medica prima.

“A livello cellulare – spiega – il nostro studio ha dimostrato che la microtrombosi della vena porta è sostenuta da una risposta indotta dall’infezione da Sars-CoV-2 che colpisce un tipo di cellula vascolare ancora molto trascurato, chiamato ‘pericita’, all’esterno del vaso, dove forma una guaina di rivestimento attorno all’endotelio, lo strato di cellule che è a diretto contatto con il flusso sanguigno. Questo tipo di cellula, una volta infettata, attiva la secrezione vascolare di mediatori della coagulazione, tra cui il Fattore Tissutale e il Fattore di von Willebrand, responsabili da un lato dello stato di ipercoagulabilità locale, con conseguente trombosi, e dall’altro della dilatazione delle piccole arterie polmonari con conseguente riduzione della saturazione di ossigeno nel sangue arterioso”.